POLITICALLY CORRECT: IL FURTO DI DIGNITÁ

Sono seduto al tavolino di una birreria, all’aperto, con degli amici.

Ad un certo punto sento il cellulare squillare. Guardo lo schermo, rispondo euforico, abitudine ormai consolidata nella mia piccola cerchia di amici, berciando il suo soprannome. Roberto (è uno pseudonimo, per motivi di privacy) è un ragazzo italianissimo, padre siciliano e madre filippina. Scherzando sulla sua carnagione scura, ormai da anni è per noi “il negro”.

Nemmeno il tempo di finire la parola, mi rendo conto che, al tavolo di fronte, sta seduto un ragazzino di origini africane, probabilmente ha un appuntamento galante con la ragazza che le sta seduta di fianco. Inorridisco immediatamente per via della magra figura e farfuglio al telefono, mentre lui fa un cenno verso di me, evidentemente molto risentito per la mia infelice scelta dei termini, sentendosi personalmente chiamato in causa in maniera beffarda. Cosa, ovviamente, assolutamente al di fuori delle mie intenzioni. Mi alzo dal tavolo, gli occhi bassi colmi di vergogna, vado verso di lui e farfuglio le mie scuse, giustificando la mia esclamazione e chiedendogli se posso offrirgli da bere per rimediare, più ai miei sensi di colpa, poiché l’offesa non è stata intenzionale. Rifiuta, mentre nei suoi occhi intravedo una ferita, un passato che riemerge, la tristezza dell’umiliazione subita di fronte alla propria donna. Mi sento crollare. Porgo a tutti i presenti con me le mie pubbliche scuse e, temendo di poter solamente peggiorare le cose, torno a sedere. Nel giro di tre minuti i due ragazzi si erano alzati ed erano andati via...


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Sono seduto al tavolino di una birreria, all’aperto, con degli amici. Ad un certo punto sento il cellulare squillare. Guardo lo schermo, rispondo euforico, abitudine ormai consolidata nella mia piccola cerchia di amici, berciando il suo soprannome. R