발견하다 게시물

Discover 페이지에서 매력적인 콘텐츠와 다양한 관점을 살펴보세요. 신선한 아이디어를 발견하고 의미 있는 대화에 참여하세요.

La leggenda della Bora.

La leggenda narra di Eolo il dio del vento, sempre in viaggio con la famiglia.
Tra questi vi era Bora, la più bella tra i suoi figli.

Un giorno, la famiglia arrivò su un altopiano che si affaccia sul mare.
Un luogo incantevole e Bora volle esplorarlo, allontanandosi dal gruppo.

Eccitata ed euforica, iniziò a danzare tra le nuvole, gli alberi, sfiorare i prati e farsi accarezzare dall'erba.

Quando ormai stanca, scorse una grotta in lontananza, pensò bene di rifugiarsi per riposare un attimo.

Entrata nella grotta, si accorse di non essere sola, trovò infatti Tergesteo di ritorno dall'impresa del Vello d'oro.

Tra i due scattò immediatamente la scintilla e passarono in quella grotta tre, cinque, sette giorni di ardente passione.

Nel frattempo Eolo si mise alla disperata ricerca della sua cara figlia,
venne successivamente informato da un nembo scuro dove poterla trovare.

Arrivato alla grotta, Eolo colse i due in flagrante e dalla collera si trasformò in tifone.

La potenza del tifone fu devastante, il corpo del povero Tergesteo, fu sbattuto ripetutamente sulle rocce.
Placata la collera di Eolo, rimase il corpo privo di vita sdraiato a terra.

Bora straziata dal dolore, iniziò a piangere, e le lacrime toccando terra, divennero rocce acuminate.

In preda alla disperazione, Bora mentre piangeva, si mise a correre e soffiare contro qualunque cosa trovasse.

Madre Natura, dispiaciuta dal pianto della giovane e preoccupata per la sorte dell' altopiano, cercò di calmarla.

Trasformò il sangue di Tergesteo nel Sommacco, albero dal particolare colore rosso che ancora oggi adorna questo luogo.

Con l'aiuto delle onde ricoprì il corpo di conchiglie, facendolo diventare un colle.

Ai piedi del colle nacque una piccola città che prese il nome di Tergeste (Trieste) e Eolo per farsi perdonare dalla figlia, le permise di ritornare in questa terra e di rivivere una volta all'anno quei tre, cinque, sette giorni con il suo amato.

Scorcio della bellissima Piazza Unità d'Italia. Trieste ❤

image

I MIEI FIGLI DIMENTICHERANNO
"Il tempo, inesorabilmente, svuoterà gli occhi dei miei figli, che ora traboccano di un amore poderoso e incontenibile...
Toglierà dalle loro labbra il mio nome urlato, cantato, sillabato e pianto cento, mille volte al giorno. Cancellerà – un po’ alla volta oppure all’improvviso – la familiarità della loro pelle con la mia, la confidenza assoluta che ci rende praticamente un corpo solo. Con lo stesso odore, abituati a mescolare i nostri umori, lo spazio, l’aria da respirare. Subentreranno, a separarci per sempre, il pudore, il giudizio, la vergogna. La consapevolezza adulta delle nostre differenze.
Come un fiume che scava l’arenaria, il tempo minerà la fiducia che mi rende ai loro occhi onnipotente. Capace di fermare il vento e calmare il mare. Riparare l’irreparabile, guarire l’insanabile, resuscitare dalla morte.
Smetteranno di chiedermi aiuto, perché avranno smesso di credere che io possa in ogni caso salvarli. Smetteranno di imitarmi, perché non vorranno diventare troppo simili a me. Smetteranno di preferire la mia compagnia a quella di chiunque altro, e guai se questo non dovesse accadere.
Sbiadiranno le passioni – la rabbia e la gelosia, l’amore e la paura. Si spegneranno gli echi delle risate e delle canzoni, le ninne nanne e i C’era una volta termineranno di risuonare nel buio.
Con il tempo, i miei figli scopriranno che ho molti difetti, e, se sarò fortunata, ne perdoneranno qualcuno.
Saggio e cinico, il tempo porterà con sé l’oblio. Dimenticheranno, anche se io non dimenticherò.
Il solletico e gli inseguimenti (“Mamma, ti prendo io!”), i baci sulle palpebre e il pianto che immediato ammutolisce con un abbraccio. I viaggi e i giochi, le passeggiate e le febbri alte. I balli, le torte, le carezze mentre si addormentano piano.
I miei figli dimenticheranno. Dimenticheranno che li ho allattati e cullati per ore, portati in fascia e tenuti per mano. Che li ho imboccati e consolati e sollevati dopo cento cadute. Dimenticheranno di aver dormito sul mio petto di giorno e di notte, che c’è stato un tempo in cui hanno avuto bisogno di me quanto dell’aria che respirano.
Dimenticheranno, perché è questo che fanno i figli, perché è questo che il tempo pretende.
E io, io, dovrò imparare a ricordare tutto anche per loro, con tenerezza e senza rimpianto. Gratuitamente. Purché il tempo, sornione e indifferente, sia gentile abbastanza con questa madre che non vuole dimenticare..."
Dal web

image

○ Giacomo Leopardi ;
° Primavera °
🍃Primavera d’intorno.
Brilla nell’aria
e per li campi esulta,
si’ ch’a mirarla intenerisce il core
odi greggi belar, muggire armenti
e gli altri augelli contenti
a gara insieme,
per lo libero ciel
fan mille giri,
pur festeggiando il lor tempo migliore🍃

image

image

Con ogni addio impari.
E impari che l’amore non è appoggiarsi a qualcuno
e la compagnia non è sicurezza.
E inizi a imparare che i baci non sono contratti
e i doni non sono promesse.
E incominci ad accettare le tue sconfitte a testa alta
e con gli occhi aperti con la grazia di un adulto,
non con il dolore di un bimbo.
Ed impari a costruire tutte le strade oggi
perché il terreno di domani è troppo incerto
per fare piani. Dopo un po’ impari che il sole scotta,
se ne prendi troppo.
Perciò pianti il tuo giardino e decori la tua anima,
invece di aspettare che qualcuno ti porti i fiori.
E impari che puoi davvero sopportare,
che sei davvero forte, e che vali davvero.

Jorge Luis Borges

image

( Napoli)

" Il Cristo Velato " 💕

Questa descrizione di Matilde Serao mi ha commosso...💕

Matilde Serao, grande cultrice della scultura, ci restituisce una descrizione assai vivida del Cristo: «Sopra un largo piedistallo è disteso un materasso marmoreo; sopra questo letto gelato e funebre giace il Cristo morto. È grande quanto un uomo, un uomo vigoroso e forte, nella pienezza dell’età. Giace lungo disteso, abbandonato, spento: i piedi dritti, rigidi, uniti, le ginocchia sollevate lievemente, le reni sprofondate, il petto gonfio, il collo stecchito, la testa sollevata sui cuscini, ma piegata sul lato dritto, le mani prosciolte. I capelli sono arruffati, quasi madidi del sudore dell’agonia. Gli occhi socchiusi, alle cui palpebre tremolano ancora le ultime e più dolorose lagrime. In fondo, sul materasso sono gettati, con una spezzatura artistica, gli attributi della Passione, la corona di spine, i chiodi, la spugna imbevuta di fiele, il martello...e più nulla. Cioè no: sul Cristo morto, su quel corpo bello ma straziato, una religiosa e delicata pietà, ha gettato un lenzuolo dalle pieghe morbide e trasparenti, che vela senza nascondere, che non cela la piaga ma la mostra, che non copre lo spasimo ma lo addolcisce»

image

Come evitare un prelievo di sangue in 5 semplici step:
1- durante il tragitto, miagolare con tutto il fiato che si ha in gola. Servirà a far arrivare il proprio umano a destinazione parzialmente stordito e già privo di pazienza.
2- in ambulatorio, uscire con la massima calma dal trasportino e permettere alla dottoressa di rasare la zampa. Servirà a farle abbassare la soglia di allerta.
3- prima di dare il via allo show, attendere che infilino il laccio emostatico e che scartino la siringa. Solo a questo punto passare dalla modalità "gattino coccoloso" a "tigre di Champawat", elargendo graffi e morsi, ricordando di gonfiare il pelo e di tirare indietro le orecchie prima di vocalizzare segnali di minaccia, che non dovranno mai essere inferiori ai 100 decibel.
Tutto ciò servirà a far immediatamente desistere gli umani dall'attuare la procedura.
4- a fini corruttivi/riparatori, gli umani a questo punto potrebbero offrire degli insulsi premietti che -ATTENZIONE- non dovranno essere mangiati. Ripeto: non dovranno essere mangiati.
Questo servirà a far aumentare il senso di colpa al proprio umano, in modo che l'incresciosa situazione non si ripeta mai più.
5- rientrare tutto tronfio nel trasportino e farsi riaccompagnare a casa.
Seguitemi per altri consigli 😉

image

“È vero che l'uomo è il re degli animali, perché la sua brutalità supera la loro. Viviamo grazie alla morte di altri. Già in giovane età ho rinnegato l'abitudine di cibarmi di carne, e ritengo che verrà un tempo nel quale gli uomini conosceranno l'anima degli animali e in cui l'uccisione di un animale sarà considerata con lo stesso biasimo con cui consideriamo oggi quella di un uomo.”

LEONARDO DA VINCI

image

🍃Pianto antico 🍃 🌾 Giosuè Carducci 🌾
❤ L’albero a cui tendevi
la pargoletta mano,
il verde melograno
da’ bei vermigli fior,

nel muto orto solingo
rinverdì tutto or ora
e giugno lo ristora
di luce e di calor.

Tu, fior de la mia pianta
percossa e inaridita
tu de l’inutil vita
estremo unico fior,

sei nella terra fredda
sei nella terra negra
nè il sol più ti rallegra
nè ti risveglia amor ❤

image

5 MAGGIO

"Ei fu. Siccome immobile,
dato il mortal sospiro,
stette la spoglia immemore
orba di tanto spiro,
così percossa, attonita
la terra al nunzio sta,
muta pensando all’ultima
ora dell’uom fatale;
né sa quando una simile
orma di pie’ mortale
la sua cruenta polvere
a calpestar verrà.

Lui folgorante in solio
vide il mio genio e tacque;
quando, con vece assidua,
cadde, risorse e giacque,
di mille voci al sònito
mista la sua non ha:
vergin di servo encomio
e di codardo oltraggio,
sorge or commosso al sùbito
sparir di tanto raggio;
e scioglie all’urna un cantico
che forse non morrà.

Dall’Alpi alle Piramidi,
dal Manzanarre al Reno,
di quel securo il fulmine
tenea dietro al baleno;
scoppiò da Scilla al Tanai,
dall’uno all’altro mar.
Fu vera gloria? Ai posteri
l’ardua sentenza: nui
chiniam la fronte al massimo
Fattor, che volle in lui
del creator suo spirito
più vasta orma stampar.

La procellosa e trepida
gioia d’un gran disegno,
l’ansia d’un cor che indocile
serve, pensando al regno;
e il giunge, e tiene un premio
ch’era follia sperar;
tutto ei provò: la gloria
maggior dopo il periglio,
la fuga e la vittoria,
la reggia e il tristo esiglio;
due volte nella polvere,
due volte sull’altar.

Ei si nomò: due secoli,
l’un contro l’altro armato,
sommessi a lui si volsero,
come aspettando il fato;
ei fe’ silenzio, ed arbitro
s’assise in mezzo a lor.
E sparve, e i dì nell’ozio
chiuse in sì breve sponda,
segno d’immensa invidia
e di pietà profonda,
d’inestinguibil odio
e d’indomato amor.

Come sul capo al naufrago
l’onda s’avvolve e pesa,
l’onda su cui del misero,
alta pur dianzi e tesa,
scorrea la vista a scernere
prode remote invan;
tal su quell’alma il cumulo
delle memorie scese!
Oh quante volte ai posteri
narrar se stesso imprese,
e sull’eterne pagine
cadde la stanca man!

Oh quante volte, al tacito
morir d’un giorno inerte,
chinati i rai fulminei,
le braccia al sen conserte,
stette, e dei dì che furono
l’assalse il sovvenir!
E ripensò le mobili
tende, e i percossi valli,
e il lampo de’ manipoli,
e l’onda dei cavalli,
e il concitato imperio
e il celere ubbidir.

Ahi! forse a tanto strazio
cadde lo spirto anelo,
e disperò; ma valida
venne una man dal cielo,
e in più spirabil aere
pietosa il trasportò;
e l’avvïò, pei floridi
sentier della speranza,
ai campi eterni, al premio
che i desideri avanza,
dov’è silenzio e tenebre
la gloria che passò.

Bella Immortal! Benefica
Fede ai trionfi avvezza!
Scrivi ancor questo, allegrati;
ché più superba altezza
al disonor del Gòlgota
giammai non si chinò.
Tu dalle stanche ceneri
sperdi ogni ria parola:
il Dio che atterra e suscita,
che affanna e che consola,
sulla deserta coltrice
accanto a lui posò."

(Alessandro Manzoni)

image