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Con ogni addio impari.
E impari che l’amore non è appoggiarsi a qualcuno
e la compagnia non è sicurezza.
E inizi a imparare che i baci non sono contratti
e i doni non sono promesse.
E incominci ad accettare le tue sconfitte a testa alta
e con gli occhi aperti con la grazia di un adulto,
non con il dolore di un bimbo.
Ed impari a costruire tutte le strade oggi
perché il terreno di domani è troppo incerto
per fare piani. Dopo un po’ impari che il sole scotta,
se ne prendi troppo.
Perciò pianti il tuo giardino e decori la tua anima,
invece di aspettare che qualcuno ti porti i fiori.
E impari che puoi davvero sopportare,
che sei davvero forte, e che vali davvero.

Jorge Luis Borges

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( Napoli)

" Il Cristo Velato " 💕

Questa descrizione di Matilde Serao mi ha commosso...💕

Matilde Serao, grande cultrice della scultura, ci restituisce una descrizione assai vivida del Cristo: «Sopra un largo piedistallo è disteso un materasso marmoreo; sopra questo letto gelato e funebre giace il Cristo morto. È grande quanto un uomo, un uomo vigoroso e forte, nella pienezza dell’età. Giace lungo disteso, abbandonato, spento: i piedi dritti, rigidi, uniti, le ginocchia sollevate lievemente, le reni sprofondate, il petto gonfio, il collo stecchito, la testa sollevata sui cuscini, ma piegata sul lato dritto, le mani prosciolte. I capelli sono arruffati, quasi madidi del sudore dell’agonia. Gli occhi socchiusi, alle cui palpebre tremolano ancora le ultime e più dolorose lagrime. In fondo, sul materasso sono gettati, con una spezzatura artistica, gli attributi della Passione, la corona di spine, i chiodi, la spugna imbevuta di fiele, il martello...e più nulla. Cioè no: sul Cristo morto, su quel corpo bello ma straziato, una religiosa e delicata pietà, ha gettato un lenzuolo dalle pieghe morbide e trasparenti, che vela senza nascondere, che non cela la piaga ma la mostra, che non copre lo spasimo ma lo addolcisce»

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Come evitare un prelievo di sangue in 5 semplici step:
1- durante il tragitto, miagolare con tutto il fiato che si ha in gola. Servirà a far arrivare il proprio umano a destinazione parzialmente stordito e già privo di pazienza.
2- in ambulatorio, uscire con la massima calma dal trasportino e permettere alla dottoressa di rasare la zampa. Servirà a farle abbassare la soglia di allerta.
3- prima di dare il via allo show, attendere che infilino il laccio emostatico e che scartino la siringa. Solo a questo punto passare dalla modalità "gattino coccoloso" a "tigre di Champawat", elargendo graffi e morsi, ricordando di gonfiare il pelo e di tirare indietro le orecchie prima di vocalizzare segnali di minaccia, che non dovranno mai essere inferiori ai 100 decibel.
Tutto ciò servirà a far immediatamente desistere gli umani dall'attuare la procedura.
4- a fini corruttivi/riparatori, gli umani a questo punto potrebbero offrire degli insulsi premietti che -ATTENZIONE- non dovranno essere mangiati. Ripeto: non dovranno essere mangiati.
Questo servirà a far aumentare il senso di colpa al proprio umano, in modo che l'incresciosa situazione non si ripeta mai più.
5- rientrare tutto tronfio nel trasportino e farsi riaccompagnare a casa.
Seguitemi per altri consigli 😉

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“È vero che l'uomo è il re degli animali, perché la sua brutalità supera la loro. Viviamo grazie alla morte di altri. Già in giovane età ho rinnegato l'abitudine di cibarmi di carne, e ritengo che verrà un tempo nel quale gli uomini conosceranno l'anima degli animali e in cui l'uccisione di un animale sarà considerata con lo stesso biasimo con cui consideriamo oggi quella di un uomo.”

LEONARDO DA VINCI

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🍃Pianto antico 🍃 🌾 Giosuè Carducci 🌾
❤ L’albero a cui tendevi
la pargoletta mano,
il verde melograno
da’ bei vermigli fior,

nel muto orto solingo
rinverdì tutto or ora
e giugno lo ristora
di luce e di calor.

Tu, fior de la mia pianta
percossa e inaridita
tu de l’inutil vita
estremo unico fior,

sei nella terra fredda
sei nella terra negra
nè il sol più ti rallegra
nè ti risveglia amor ❤

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5 MAGGIO

"Ei fu. Siccome immobile,
dato il mortal sospiro,
stette la spoglia immemore
orba di tanto spiro,
così percossa, attonita
la terra al nunzio sta,
muta pensando all’ultima
ora dell’uom fatale;
né sa quando una simile
orma di pie’ mortale
la sua cruenta polvere
a calpestar verrà.

Lui folgorante in solio
vide il mio genio e tacque;
quando, con vece assidua,
cadde, risorse e giacque,
di mille voci al sònito
mista la sua non ha:
vergin di servo encomio
e di codardo oltraggio,
sorge or commosso al sùbito
sparir di tanto raggio;
e scioglie all’urna un cantico
che forse non morrà.

Dall’Alpi alle Piramidi,
dal Manzanarre al Reno,
di quel securo il fulmine
tenea dietro al baleno;
scoppiò da Scilla al Tanai,
dall’uno all’altro mar.
Fu vera gloria? Ai posteri
l’ardua sentenza: nui
chiniam la fronte al massimo
Fattor, che volle in lui
del creator suo spirito
più vasta orma stampar.

La procellosa e trepida
gioia d’un gran disegno,
l’ansia d’un cor che indocile
serve, pensando al regno;
e il giunge, e tiene un premio
ch’era follia sperar;
tutto ei provò: la gloria
maggior dopo il periglio,
la fuga e la vittoria,
la reggia e il tristo esiglio;
due volte nella polvere,
due volte sull’altar.

Ei si nomò: due secoli,
l’un contro l’altro armato,
sommessi a lui si volsero,
come aspettando il fato;
ei fe’ silenzio, ed arbitro
s’assise in mezzo a lor.
E sparve, e i dì nell’ozio
chiuse in sì breve sponda,
segno d’immensa invidia
e di pietà profonda,
d’inestinguibil odio
e d’indomato amor.

Come sul capo al naufrago
l’onda s’avvolve e pesa,
l’onda su cui del misero,
alta pur dianzi e tesa,
scorrea la vista a scernere
prode remote invan;
tal su quell’alma il cumulo
delle memorie scese!
Oh quante volte ai posteri
narrar se stesso imprese,
e sull’eterne pagine
cadde la stanca man!

Oh quante volte, al tacito
morir d’un giorno inerte,
chinati i rai fulminei,
le braccia al sen conserte,
stette, e dei dì che furono
l’assalse il sovvenir!
E ripensò le mobili
tende, e i percossi valli,
e il lampo de’ manipoli,
e l’onda dei cavalli,
e il concitato imperio
e il celere ubbidir.

Ahi! forse a tanto strazio
cadde lo spirto anelo,
e disperò; ma valida
venne una man dal cielo,
e in più spirabil aere
pietosa il trasportò;
e l’avvïò, pei floridi
sentier della speranza,
ai campi eterni, al premio
che i desideri avanza,
dov’è silenzio e tenebre
la gloria che passò.

Bella Immortal! Benefica
Fede ai trionfi avvezza!
Scrivi ancor questo, allegrati;
ché più superba altezza
al disonor del Gòlgota
giammai non si chinò.
Tu dalle stanche ceneri
sperdi ogni ria parola:
il Dio che atterra e suscita,
che affanna e che consola,
sulla deserta coltrice
accanto a lui posò."

(Alessandro Manzoni)

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https://tass.com/politics/1662009

L’ambasciata russa negli Stati Uniti accusa Washington di aver tentato di gestire l’epidemia
Con il pretesto di monitorare le malattie, Washington sta spargendo i suoi laboratori illegali in tutto il mondo, sfacciatamente e impunemente; la creazione di numerose strutture di questo tipo lungo i confini della Russia, ha affermato in una nota l'ambasciata russa a Washington
WASHINGTON, 17 agosto. /TASS/. Le autorità statunitensi stanno creando laboratori in tutto il mondo per poter gestire le epidemie nel proprio interesse, ha affermato in una nota l'ambasciata russa a Washington.

"La ricerca incontrollata sui prodotti a duplice uso condotta dal Pentagono continua a sollevare interrogativi da parte della comunità internazionale. La Russia ha più volte sottolineato palesi violazioni da parte degli Stati Uniti della Convenzione sulle armi biologiche. Washington continua a ignorare le lamentele, citando un aspetto umanitario dei suoi programmi", si legge nel rapporto. si legge nella dichiarazione.

"Vorremmo sottolineare che qualsiasi buon scopo dei progetti portati avanti dal Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti è fuori discussione. Ci sono prove che dimostrano che gli Stati Uniti hanno condotto ricerche che coinvolgono potenziali agenti di guerra biologica, e le prove sono significative. Ci sono è anche la prova dei tentativi di potenziare deliberatamente le proprietà patogene degli agenti che causano infezioni socialmente significative", ha osservato l'ambasciata.

"Con il pretesto di monitorare le malattie, Washington sta spargendo sfacciatamente e impunemente i suoi laboratori illegali in tutto il mondo; costruendo numerose strutture di questo tipo lungo i confini della Russia. L'obiettivo chiaramente è quello di essere in grado di generare crisi biologiche in un momento prestabilito e creare siti artificiali di infezione, cioè per gestire le epidemie", aggiunge la nota.

"Le attività del Pentagono in Ucraina destano particolare preoccupazione. Gli Stati Uniti hanno coinvolto nei loro progetti dozzine di istituti statali e aziende private del paese. I civili e i militari del paese sono diventati donatori di biomateriali e semplici cavie per i test", ha osservato l'ambasciata, aggiungendo : "Non c'è dubbio che tali azioni richiedono un'adeguata valutazione giuridica, in particolare da parte delle istituzioni internazionali competenti."

"I fatti riguardanti le attività militari e biologiche illegali degli Stati Uniti, resi pubblici dal Ministero della Difesa russo, fanno ancora una volta chiedersi quali siano i loro reali scopi e obiettivi. Anche gli americani comuni hanno crescenti domande che richiedono chiarimenti da parte del governo riguardo i programmi che sono stati sponsorizzati", si legge nella nota. "È giunto il momento che Washington ammetta che, sebbene sia ancora in grado di garantire il sostegno delle nazioni che la pensano allo stesso modo sulle piattaforme multilaterali e di mettere a tacere coloro che hanno dubbi, non sarà in grado di allontanarsi dalle rivendicazioni del suo stesso popolo", ha sottolineato l'ambasciata russa.

⚘ Cavallina Storna ⚘
❤Nella Torre il silenzio era già alto.
Sussurravano i pioppi del Rio Salto.
I cavalli normanni alle lor poste
frangean la biada con rumor di croste.
Là in fondo la cavalla era, selvaggia,
nata tra i pini su la salsa spiaggia;
che nelle froge avea del mar gli spruzzi
ancora, e gli urli negli orecchi aguzzi.
Con su la greppia un gomito, da essa
era mia madre; e le dicea sommessa:
"O cavallina, cavallina storna,
che portavi colui che non ritorna;
tu capivi il suo cenno ed il suo detto!
Egli ha lasciato un figlio giovinetto;
il primo d'otto tra miei figli e figlie;
e la sua mano non toccò mai briglie.
Tu che ti senti ai fianchi l'uragano,
tu dai retta alla sua piccola mano.
Tu c'hai nel cuore la marina brulla,
tu dai retta alla sua voce fanciulla".
La cavalla volgea la scarna testa
verso mia madre, che dicea più mesta:
"O cavallina, cavallina storna,
che portavi colui che non ritorna;
lo so, lo so, che tu l'amavi forte!
Con lui c'eri tu sola e la sua morte
O nata in selve tra l'ondate e il vento,
tu tenesti nel cuore il tuo spavento;
sentendo lasso nella bocca il morso,
nel cuor veloce tu premesti il corso:
adagio seguitasti la tua via,
perché facesse in pace l'agonia...".
La scarna lunga testa era daccanto
al dolce viso di mia madre in pianto.
"O cavallina, cavallina storna,
che portavi colui che non ritorna;
oh! due parole egli dové pur dire!
E tu capisci, ma non sai ridire.
Tu con le briglie sciolte tra le zampe,
con dentro gli occhi il fuoco delle vampe,
con negli orecchi l'eco degli scoppi,
seguitasti la via tra gli alti pioppi:
lo riportavi tra il morir del sole,
perché udissimo noi le sue parole".
Stava attenta la lunga testa fiera.
Mia madre l'abbraccio' su la criniera.
"O cavallina, cavallina storna,
portavi a casa sua chi non ritorna!
a me, chi non ritornerà più mai!
Tu fosti buona... Ma parlar non sai!
Tu non sai, poverina; altri non osa.
Oh! ma tu devi dirmi una una cosa!
Tu l'hai veduto l'uomo che l'uccise:
esso t'è qui nelle pupille fise.
Chi fu? Chi è? Ti voglio dire un nome.
E tu fa cenno. Dio t'insegni, come".
Ora, i cavalli non frangean la biada:
dormian sognando il bianco della strada.
La paglia non battean con l'unghie vuote:
dormian sognando il rullo delle ruote.
Mia madre alzò nel gran silenzio un dito:
disse un nome . . . Sonò alto un nitrito.❤
○ Giovanni Pascoli ○

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🍃IL SABATO DEL VILLAGGIO ;
Giacomo Leopardi 🍃
La donzelletta vien dalla campagna,
in sul calar del sole,
col suo fascio dell'erba; e reca in mano
un mazzolin di rose e di viole,
onde, siccome suole,
ornare ella si appresta
dimani, al dì di festa, il petto e il crine.
Siede con le vicine
su la scala a filar la vecchierella,
incontro là dove si perde il giorno;
e novellando vien del suo buon tempo,
quando ai dì della festa ella si ornava,
ed ancor sana e snella
solea danzar la sera intra di quei
ch'ebbe compagni dell'età più bella.
Già tutta l'aria imbruna,
torna azzurro il sereno, e tornan l'ombre
giù da' colli e da' tetti,
al biancheggiar della recente luna.
Or la squilla dà segno
della festa che viene;
ed a quel suon diresti
che il cor si riconforta.
I fanciulli gridando
su la piazzuola in frotta,
e qua e là saltando,
fanno un lieto romore:
e intanto riede alla sua parca mensa,
fischiando, il zappatore,
e seco pensa al dì del suo riposo.

Poi quando intorno è spenta ogni altra face,
e tutto l'altro tace,
odi il martel picchiare, odi la sega
del legnaiuol, che veglia
nella chiusa bottega alla lucerna,
e s'affretta, e s'adopra
di fornir l'opra anzi il chiarir dell'alba.
Questo di sette è il più gradito giorno,
pien di speme e di gioia:
diman tristezza e noia
recheran l'ore, ed al travaglio usato
ciascuno in suo pensier farà ritorno.

Garzoncello scherzoso,
cotesta età fiorita
è come un giorno d'allegrezza pieno,
giorno chiaro, sereno,
che precorre alla festa di tua vita.
Godi, fanciullo mio; stato soave,
stagion lieta è cotesta.
Altro dirti non vo'; ma la tua festa
ch'anco tardi a venir non ti sia grave.

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