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Santi che proteggono gli animali:
Cani: San Vito, San Rocco
Gatti: Santa Gertrude di Nivelles
Sant’Antonio Abate, il patrono degli animali domestici
Animali (generici): San Francesco d’Assisi

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Santi che proteggono gli animali:
Cani: San Vito, San Rocco
Gatti: Santa Gertrude di Nivelles
Sant’Antonio Abate, il patrono degli animali domestici
Animali (generici): San Francesco d’Assisi

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Gatto che giochi per strada (Fernando Pessoa)

Gatto che giochi per strada
come se fosse il tuo letto
invidio questa tua sorte
che nemmeno sorte si chiama.

Buon servo di leggi fatali
che governano pietre e persone,
possiedi istinti comuni
e senti solo ciò che senti.

Sei felice perché sei così,
tutto il nulla che sei è tuo.
Io mi vedo e non mi ho,
mi conosco e non son io.

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Monto sui rostri, e l’oratorio ardire
Nel fervido mio cuor parmi sentire.
Ecco del Can comincio a ragionare,
E del Gatto la causa a perorare.
Ciascun di lor si lagna perchè mai
Possono entrare, senz’aver de guai.
Ognun di calci, e pugni il don gli fa,
E il Gatto, ed il Cagnuol via se ne va.
Orsù dunque ascoltatemi, e vedrete,
Se di trattarli mal ragione avete.
Affin che il conosciate tutti quanti
La più forte ragione io metto avanti.
Se Ciro non aveva e Gatti, e Cani
Come poteva vincer gli Egiziani?
Questi fur quei, che scaccomatto diero
De gli Egizj al valore ardito, e fiero;
E fecer meglio a l’armi Persiane
Di quel che fecer poi l’oche Romane.
Io faccio un sillogismo, e ben vedrete,
Che certo voi non ci resisterete.
— L’oche son grandi — è questa la maggiore;
— I Gatti s’acquistar lo stesso onore
— Dunque; se di concluder mi è permesso;
Son grandi i Gatti — rispondete adesso.
— Nego minorem — subito rispondo,
E vorrei, che sentisse tutto il mondo.
Ma… qui si tratta di Filosofia,
E si deve trattar di Poesìa.
Orsù lasciamo andare i sillogismi,
E i — nego, e probo — e i Logici sofismi.
Lasciamo andare; ma vi prego poi,
Ch’abbiano luogo i Gatti fra di voi;
Che i Cagnuoli oramai sien consolati,
E che i Gatti non più sian disprezzati.
Onde poi debban dirmi “grazie tante”
E scuoter coda, e saltellarmi innante.

Giacomo Leopardi, Puerili, 1810

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Gli animali furono imperfetti,
lunghi di coda,
plumbei di testa.
Piano piano si misero in ordine,
divennero paesaggio,
acquistarono nèi, grazia, volo.
Il gatto,
soltanto il gatto
apparve completo
e orgoglioso: nacque completamente rifinito,
cammina solo e sa quello che vuole.

L’uomo vuol essere pesce e uccello,
il serpente vorrebbe avere le ali,
il cane è un leone spaesato,
l’ingegnere vuol essere poeta,
la mosca studia per rondine,
il poeta cerca di imitare la mosca,
ma il gatto
vuole essere solo gatto
ed ogni gatto è gatto
dai baffi alla coda,
dal fiuto al topo vivo,
dalla notte fino ai suoi occhi d’oro.

Non c’è unità
come la sua,
non hanno
la luna o il fiore
una tale coesione:
è una sola cosa
come il sole o il topazio,
e l’elastica linea del suo corpo,
salda e sottile, è come
la linea della prua di una nave.
I suoi occhi gialli
hanno lasciato una sola fessura
per gettarvi le monete della notte.

Oh piccolo
imperatore senz’orbe,
conquistatore senza patria,
minima tigre da salotto,
nuziale sultano del cielo
delle tegole erotiche,
il vento dell’amore
all’aria aperta
reclami
quando passi
e posi
quattro piedi delicati
sul suolo,
fiutando,
diffidando
di ogni cosa terrestre,
perché tutto è immondo
per l’immacolato piede del gatto.

Oh fiera indipendente della casa,
arrogante vestigio della notte,
neghittoso, ginnastico
ed estraneo,
profondissimo gatto,
poliziotto segreto
delle stanze,
insegna
di un irreperibile velluto,
probabilmente non c’è enigma
nel tuo contegno,
forse sei mistero,
tutti sanno di te ed appartieni
all’abitante meno misterioso,
forse tutti si credono padroni,
proprietari, parenti
di gatti, compagni, colleghi,
discepoli o amici
del proprio gatto.

Io no.
Io non sono d’accordo.
Io non conosco il gatto.
So tutto, la vita e il suo arcipelago,
il mare e la città incalcolabile,
la botanica,
il gineceo coi suoi peccati,
il per e il meno della matematica,
gl’imbuti vulcanici del mondo,
il guscio irreale del coccodrillo,
la bontà ignorata del pompiere,
l’atavismo azzurro del sacerdote,
ma non riesco a decifrare il gatto.
Sul suo distacco la ragione slitta,
numeri d’oro stanno nei suoi occhi.

Pablo Neruda

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Un cane è morto
Il mio cane è morto.
Lo sotterrai nel giardino
insieme ad una vecchia macchina ossidata.

Lì, non più sotto,
ne più sopra,
si unirà con me un giorno.

Ora ormai se ne è andato col suo pelame,
la sua maleducazione, il suo naso freddo.

Ed io, materialista che non crede
nel celeste cielo promesso
per nessun umano,
per questo cane o per ogni cane
credo nel cielo, sì, credo in un cielo
dove io non entrerò, però lui mi attende
ondulando la sua coda di ventaglio
perché io al giungere abbia amicizie.

Ahi, non dirò la tristezza sulla terra
di non averlo più per compagno
perché mai fu per me un servitore.
Ebbe verso me l’amicizia di un riccio
che conservava la sua sovranità,
l’amicizia di una stella indipendente
senza più intimità dell’essenziale,
senza esagerazioni:
non si arrampicava al mio vestiario
coprendomi di peli o di acari,
non strofinava contro il mio ginocchio
come altri cani ossessivi.

No, il mio cane mi guardava
dandomi l’attenzione necessaria,
l’attenzione necessaria
a far comprendere a un vanitoso
che essendo cane lui,
con quegli occhi, più puri dei miei,
perdeva il tempo, ma mi guardava
con lo sguardo che mi riservò
tutta la sua dolce, la sua pelosa vita,
la sua silenziosa vita,
vicino a me, senza mai importunarmi,
e senza chiedermi nulla.

Ahi quante volte volli avere coda
andando unito a lui per le rive
del mare, nell’Inverno di Isla Negra,
nella grande solitudine: in alto l’aria
trapassata di uccelli glaciali
e il mio cane che saltava, irsuto, colmo
di voltaggio marino in movimento:
il mio cane vagabondo e fiutante
inalberando la sua coda dorata
fronte a fronte all’Oceano e alla sua spuma.

Allegro, allegro, allegro
come i cani sanno essere felici,
senza nient’altro, con la tirannia
della natura sfrontata.
Non c’è addio al mio cane che è morto.

E non c’è né ci fu menzogna tra di noi.
Già se ne andò e lo interrai, e questo era tutto.

Pablo Neruda, all’anagrafe Neftali Ricardo Reyes Basoalto

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Il mio cane è morto. L'ho seppellito in giardino accanto a una vecchia macchina arrugginita. Là, né più in basso né più in alto, si unirà mai a me. Adesso se n'è andato con la sua pelliccia, le sue cattive maniere, il suo naso freddo. E io, materialista che non credo nel paradiso celeste promesso a nessun essere umano, per questo cane o per ogni cane credo nel paradiso, sì, credo in un paradiso dove non entrerò, ma lui mi aspetta agitando la coda a ventaglio in modo che quando arrivo ho degli amici. Dalla poesia "È morto un cane" (Pablo Neruda)

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BUDDY, setter dolcissimo, sano , compatibile con tutti...passato difficile lo si legge negli occhi..
Ha un età presunta di 4 anni circa
Non teniamolo ancora in box... ha bisogno di contatto
Per info e adozione in tutta Italia scrivete messaggio whats app 329 029 7636

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DICEMBRE 2024: Buddy è sempre in canile 😭

ciao, sono Buddy, ho quasi 10 anni e da 8 anni sono in gabbia. purtroppo le mie esperienze nei primi anni di vita sono state davvero negative e mi hanno condizionato molto. ero solo un cucciolone, dal magnifico sorriso, grosso, pelosone, avevo grandi speranze di trovare presto la mia nuova Famiglia, quella "Per Sempre", e invece non è stato così. gli anni sono passati, sono invecchiato qui dentro, ho alcuni amici con cui mi piace uscire in passeggiata, ma poche speranze ormai di un'altra vita fuori da questo rettangolo di cemento. mi chiedo se c'è qualcuno che abbia la voglia di conoscermi davvero, tempo da dedicarmi, pazienza, tanta, che abbia esperienza con cani di un certo "carattere", e con cui possiamo superare tutte le difficoltà, insieme .... se vuoi conoscermi vieni al canile di Legnano sabato mattina e pomeriggio e domenica mattina. [email protected] se non puoi adottarmi, ti chiedo di condividere. Grazie.

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